Giuro, lei mi ha parlato
I suoi spettacoli sono fatti della materia di cui sono fatti i sogni
(LA STAMPA – ORIGAMI – 22/02/2018 – RAFFAELLA SILIPO)
I suoi spettacoli sono fatti della materia di cui sono fatti i sogni e la luce magica della Luna li bagna sempre. Complice, misteriosa, sorridente. Nell’ultimo, Solo, con cui è in tournée europea in questi giorni, Arturo Brachetti la trattiene con un filo, quasi fosse un palloncino pronto a fuggire in alto. «La Luna è spesso in palcoscenico con me» spiega il mago dei trasformisti, gli occhi allegri e pensosi da ragazzo sessantenne. «Mi porta fortuna, è una presenza importante, anche perché io vivo di notte, come i vampiri, spesso non riesco ad addormentarmi. Siamo una razza a parte, noi animali notturni, ci ritroviamo a girare per le strade alle tre del mattino, pieni di irrequietezze misteriose. Che la Luna piena mi influenzi davvero, fisicamente, l’ho capito improvvisamente una notte, a Londra: non riuscivo a dormire e mi sono ritrovato a girare in macchina per strade poco raccomandabili, pensando a Jack lo Squartatore. Ho alzato gli occhi e l’ho vista lì, pallida, enorme, nel cielo, ho sentito che mi parlava. D’altronde influenza le maree, come può non influenzare gli umani?». E tutta colpa della Luna, diceva già Shakespeare in Otello, «quando si avvicina troppo alla terra fa impazzire». E, assicura Brachetti, «anche il pubblico è diverso nelle notti di Luna piena». Luna, signora di illusioni: «Già, perché la sua luce fredda è ingannevole» continua, sognante, Brachetti. «E molto più facile orientarsi in un bosco al buio totale che nelle notti di Luna piena: grazie ai suoi raggi si vede, ma in modo diverso, ingannevole, obliquo». Non a caso «quasi tutti gli artisti sono dei lunatici E una congiunzione astrale che governa noi più sensibili, con i piedi meno per terra degli altri. Sa come si dice, “quando il saggio indica la Luna, lo stolto guarda il dito”. Ecco, noi artisti impariamo subito a ignorare il dito. Avere la testa nella Luna invece che sulla Terra è stata la mia fortuna, sono un eterno Peter Pan in volo verso l’Isola che non c’è e quando, pensando che fosse l’ora di cambiare, di maturare, sono andato da uno psicanalista, lui mi ha detto: “Si tenga stretti i suoi sogni, la sua immaturità. Sono la sua fortuna”».
Come Brachetti la Luna è una trasformista, cambia a seconda delle fasi. «E come ogni trasformista ama nascondersi: l’altra faccia della Luna non la conosciamo, l’abbiamo vista solo attraverso gli occhi sbalorditi degli astronauti e quelli profetici di Giulio Verne nel suo Viaggio dalla Terra alla Luna». Verne, un altro stregato dall’astro notturno, ma è impossibile citarli tutti, la letteratura lunare non ha confini, «d’altronde è un simbolo potente di mistero, di magia, protagonista assoluta di fiabe e leggende. Ogni rito satanico, ogni evocazione esoterica richiede la sua presenza. Mi piace pensare a quanto amava la Luna Federico Fellini, la disegnava spesso, le ha dedicato cose bellissime, a partire dalla Voce della Luna. E non dimentichiamo George Meliès, il padre del cinema, maestro di illusionismo. Nella sua immagine ormai diventata virale, come uno “smile”, la Luna sembra guardare noi che la guardiamo. L’illusione perfetta». La Luna è anche la signora dei romantici «e io sono un romantico. Anzi, mi piace inventarmi romantico, dipingermi romantico, creare situazioni romantiche. Perchè il romanticismo va aiutato, va costruito. Triturati dal quotidiano diventiamo cinici, disillusi, non ci accorgiamo della bellezza semplice e irraggiungibile della Luna nel cielo. Invece bisogna tornare bambini, portare la propria amata in una notte di Luna piena alla Sacra di San Michele, guardare dalle finestre a strapiombo sulla valle, la musica giusta di sottofondo. O a Bologna affacciarsi da una finestrella sui tetti del centro storico e poter dire alla donna al tuo fianco: “Vedi, ho affittato la Luna per te stasera”». Magia, romanticismo, illusioni. Eppure sono le invenzioni tecnologiche che ci hanno permesso di raggiungere la Luna. «Certo, la tecnologia, è un giocattolone divertentissimo e io la uso a man bassa, come artista e come uomo. Ma al fondo ci deve essere un’emozione reale: l’amore, la poesia, la follia. Questo rimane. Nello spettacolo e nella vita».